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Merito o Miraggio? La Verità Dietro la disuguaglianza

Viviamo in un’epoca di profonde disparità socioeconomiche, dove una minoranza detiene la maggior parte delle ricchezze e del potere. Eppure, molti di noi accettano questa realtà, convinti che i potenti si siano guadagnati la loro posizione attraverso il merito e l’impegno. Ma è davvero così?

O siamo vittime di un’illusione, di un giogo dorato che ci impedisce di vedere la realtà delle cose? Jean-Jacques Rousseau, nel suo Discorso sull’origine e i fondamenti della disuguaglianza tra gli uomini, smascherava già nel XVIII secolo le radici della disuguaglianza, individuandole nella proprietà privata e nell’emergere di un sistema sociale che favorisce i privilegi di pochi. Oggi, le scienze sociali ci forniscono gli strumenti per comprendere i meccanismi psicologici e sociali che ci portano ad accettare e persino a giustificare la disuguaglianza. L’illusione del merito è uno dei pilastri su cui si regge il sistema. Siamo portati a credere che il successo sia esclusivamente il risultato di talento e impegno individuale, ignorando il ruolo cruciale del contesto sociale, delle opportunità e dei privilegi di partenza. Bias cognitivi come il bias di conferma (la tendenza a cercare informazioni che confermino le nostre convinzioni preesistenti) e il bias del risultato (la tendenza a giudicare le decisioni in base al loro esito, ignorando il processo decisionale) distorcono la nostra percezione del successo, facendoci credere che i vincenti siano tali per merito intrinseco. Come osserva lo psicologo sociale Daniel Kahneman, Nulla è tanto importante quanto pensiamo che sia nel momento in cui ci pensiamo (Kahneman, 2011).

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Le profezie che si autoavverano rafforzano ulteriormente questa illusione: chi parte da una posizione privilegiata ha maggiori probabilità di successo, confermando l’idea che il merito sia l’unico fattore determinante. La giustificazione del sistema è un altro meccanismo potente. La tendenza a difendere l’ordine sociale esistente, anche quando è ingiusto, si basa su bisogni psicologici profondi: il bisogno di ordine e prevedibilità, la gestione della paura e l’interiorizzazione delle norme sociali. Come sostiene lo psicologo sociale John Jost, Le persone sono motivate a giustificare il sistema perché ciò contribuisce a soddisfare bisogni epistemici, esistenziali e relazionali fondamentali (Jost et al., 2004). Questa giustificazione si traduce spesso nella colpevolizzazione delle vittime della disuguaglianza (se sono poveri è colpa loro) e nella resistenza al cambiamento, percepito come una minaccia all’ordine stabilito. Anche le emozioni giocano un ruolo importante. L’invidia e il risentimento verso i potenti possono spingerci a criticare il sistema, ma allo stesso tempo l’ammirazione per i vincenti può indurci ad accettarlo passivamente, aspirando a raggiungere il loro status. La cultura popolare, con il mito del self-made man, alimenta questa illusione, ignorando le disuguaglianze strutturali che limitano le opportunità di molti. Infine, il potere simbolico delle classi dominanti contribuisce a legittimare la disuguaglianza. Il controllo dei simboli e dei significati, attraverso la lingua, la cultura e i media, plasma la nostra visione del mondo e ci induce ad accettare l’ordine esistente come naturale e inevitabile. Pierre Bourdieu, nel suo concetto di capitale simbolico, ha mostrato come le élite utilizzino la cultura e l’educazione per mantenere e riprodurre la propria posizione di potere (Bourdieu, 1986).Liberarsi dal giogo dorato richiede uno sforzo consapevole. Dobbiamo sviluppare il pensiero critico, mettendo in discussione le narrazioni dominanti e i nostri stessi pregiudizi. L’educazione all’uguaglianza è fondamentale per promuovere una visione del mondo basata sulla giustizia sociale e sulla solidarietà. È necessario impegnarsi per ridurre le disuguaglianze strutturali, attraverso politiche redistributive e l’accesso equo alle opportunità. Coltivare l’empatia ci permette di comprendere le esperienze di chi vive in condizioni di svantaggio e di superare la tendenza alla colpevolizzazione delle vittime. Infine, la partecipazione attiva alla vita politica è essenziale per costruire una società più giusta e democratica.Come ci ricorda Rousseau, Luomo è nato libero, ma ovunque è in catene . Le catene della disuguaglianza sono spesso invisibili, ma non per questo meno reali. Liberarci dal giogo dorato dell’illusione del merito e della giustificazione del sistema è il primo passo per costruire una società in cui il potere sia al servizio del bene comune, e non del privilegio di pochi.

Riferimenti bibliografici:

Bourdieu, P. (1986). The forms of capital. In J. Richardson (Ed.), Handbook of Theory and Research for the Sociology of Education (pp. 241-258). New York: Greenwood. nbsp; Jost, J. T., Banaji, M. R., amp; Nosek, B. A. (2004);

A decade of system justification theory: Accumulated evidence of conscious and unconscious bolstering of the status quo;

Political Psychology, 25(6), 881-919. nbsp; Kahneman, D. (2011). Thinking, fast and slow. New York: Farrar, Straus and Giroux.

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